Rapporto Deloitte, su Facebook Italia regina
In valori relativi il nostro Paese leader nella Ue in termini
di giro d'affari. Boom delle professioni legate al web 2.0
Il logo di Facebook con il suo fondatore, Mark Zuckerberg
MILANO - Gli online advertiser, i community manager, i web analyst. In tempi di crisi - con un mondo del lavoro così complicato da decifrare - possono essere una bussola per i giovani alla ricerca di un impiego. E il vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza significa acquisire competenze nel digital marketing, nella gestione dei profili aziendali sui social network (non solo Facebook, il più popolare, ma anche Twitter), nella capacità di attrarre l'attenzione dell'internauta per incrementare i profitti e migliorare la propria «brand awareness».
LO STUDIO - Lo certifica anche una delle maggiori società di consulenza al mondo, Deloitte, che in un'indagine su scala europea elabora per la prima volta l'impatto economico di Facebook (e le relative ricadute sull'occupazione) sui Paesi dell'Unione. E la sorpresa arriva proprio dall'Italia, il cui giro d'affari tocca i 2,5 miliardi di euro, inferiore soltanto al mercato tedesco e inglese (2,6 miliardi) su una popolazione però complessivamente inferiore. In dati assoluti la Ue fa registrare un volume da oltre 15 miliardi di euro per oltre 230 mila posti di lavoro legati al social network fondato da Zuckerberg. Oltre 110 mila correlati alla «business participation», quasi 33 mila legati alle professioni e agli effetti della piattaforma Facebook, oltre 85 mila occupati nelle vendite. Ma è soprattutto la business participation, attraverso la creazione di pagine e annunci pubblicitari per interagire con il cliente, a far da volano all'indotto Facebook. Dice Mariano Corso, responsabile scientifico dell'Osservatorio Enterprise 2.0 del Politecnico di Milano, che il rapporto Deloitte smentisce «il sostanziale malinteso - tutto italiano - che associa Facebook a una potenziale perdita di tempo sul posto di lavoro. Sono migliaia le aziende in tutta Italia che vietano l'accesso ai dipendenti al popolare social network. È uno scollamento evidente dalla realtà, dai nuovi trend, dalle infinite possibilità soprattutto per i professionisti del marketing di rendere più appetibile il marchio aziendale».
IL PARADOSSO - Ma lo studio Deloitte testimonia - almeno nel caso italiano - un paradosso evidente: «L'Italia arranca nei propositi fissati dall'agenda digitale europea - spiega Corso - eppure in ambito web 2.0 siamo pionieri a livello mondiale». Un dato sociologicamente interessante, che fa il paio con lo sviluppo delle risorse umane sui social network. Una recente indagine - ripresa da Deloitte - testimonia come il 90% delle imprese utilizzi i social network come canale principale di reclutamento.
24 gennaio 2012 | 23:51© RIPRODUZIONE RISERVATA
TRATTO DA http://iltirreno.gelocal.it/pontedera/cronaca/2012/01/22/news/il-grande-giorno-del-palio-contrade-tutte-ammesse-1.3096793
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